La meditazione: origini ed evoluzione
Rubrica di Mindfulness
di Sabrina Mainolfi
La meditazione ha avuto origine in Asia intorno al VI secolo a. C. La meditazione, nota anche come pensiero auto-riflesso, è nata come componente centrale di varie pratiche religiose ed è la più antica tecnica di rilassamento conosciuta. La parola meditazione deriva dal termine latino mederi, che significa risanare, curare, guarire, aiutare. Per definire la parola “meditazione” in sanscrito viene utilizzata la parola bhāvanā, che significa dedicarsi alla crescita spirituale e coltivare il ricordo di sé. Lo scopo della meditazione è la regolazione dei processi che avvengono al proprio interno attraverso l'attenzione cosciente e la consapevolezza.
La meditazione è caratterizzata da due dimensioni: l’attenzione focalizzata (meditazione con oggetto) e il monitoraggio aperto (meditazione senza oggetto). L’attenzione focalizzata richiede un oggetto sul quale centrare l’attenzione. Dopo aver portato la mente in uno stato neutro si entra nella fase della meditazione propriamente detta e si incomincia a focalizzare un oggetto (una candela, un mantra, un mandala, etc.), anche l’attenzione al respiro può essere considerata una pratica focalizzata.
Il monitoraggio aperto, noto anche come meditazione di consapevolezza (sati in pali), comporta la focalizzazione dell'attenzione sul momento presente, osservando qualsiasi pensiero, sentimento o sensazione senza alcun focus specifico. La mente è essenzialmente libera di accettare tutti i pensieri, libera dal giudizio o dall'emozione; si tratta di un processo noto come osservazione distaccata: “Nel momento in cui inizi ad osservare la parte di te che pensa, si attiva un livello superiore di consapevolezza. Allora comprendi che esiste un vasto regno di intelligenza oltre il pensiero e che quest’ultimo ne è solo un aspetto minore. Comprendi anche che le cose che contano davvero (la bellezza, l’amore, la creatività, la gioia, la pace interiore) sorgono al di là della mente. E inizi a risvegliarti”, Tolle (2005). Ma qual è lo scopo ultimo della meditazione della consapevolezza. Lo scopo è raggiungere la perfezione in tutte le qualità nobili e sane che sono latenti nella nostra mente subconscia. Questo scopo è composto da cinque elementi: la purificazione della mente, il superamento del dispiacere e del lamento, il superamento del dolore e dell’afflizione, il camminare sul retto sentiero che conduce verso il conseguimento della pace eterna e il trarre felicità dal fatto di seguire quel sentiero, Gunaratana (1992).
La pratica della meditazione, così come suggerito da Buddha e dai più importanti maestri che lo hanno succeduto, può aiutare a risvegliare le persone alle gioie del momento presente e portare ad un aumento dei livelli di consapevolezza, che può, a sua volta, portare ad un aumento dei livelli di felicità. Il Buddha ha insegnato che è possibile intraprendere un cammino, articolato in otto passi (ottuplice sentiero), di liberazione dalla sofferenza, (Gunaratana, 2004). Proprio il settimo passo di questo ottuplice sentiero è samma sati, ovvero la retta consapevolezza. È attraverso la pratica della consapevolezza del respiro (ānāpānasati), della contemplazione del corpo e dell’osservazione gentile e non giudicante del contenuto della mente (vipassanā), che può essere raggiunta la purificazione della coscienza e quindi la liberazione (nirvana) (Gombrich, 2012).
Nel corso della seconda metà del Novecento la diffusione in Occidente della filosofia buddhista e di pratiche di origine orientale ha aperto la strada all’integrazione delle tecniche di meditazione nell’ambito della cura della salute mentale e, più in generale, della promozione del benessere fisico e psicologico. Consideriamo, inoltre, che anche la definizione di salute mentale ridefinita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (1948) concepisce la salute non solo come assenza di malattia, ma come un insieme di benessere biologico, psicologico e sociale.
Il traduttore inglese Rhys David circa un secolo fa, impegnato nell'analisi di testi buddhisti per la Buddhist Text Society, si servì della parola mindfulness per tradurre il termine di lingua pali sati. Nei testi antichi la mindfulness è riconducibile a una qualità dell’attenzione che permette di recepire la sofferenza senza esserne travolti, in modo da poter vivere senza arrecarsi danno e danneggiare gli altri (Nhat Han, 1976, 1992).
Affinché l’integrazione culturale tra le pratiche orientali e la cultura occidentale fosse possibile è stato fondamentale il contributo del monaco buddhista zen Thich Nhat Hanh e lo sviluppo dei suoi insegnamenti nel contesto della psicologia clinica e sperimentale da parte di John Kabat-Zinn, biologo molecolare allo UMass Memorial Medical Center di Worcester in Massachusetts. È quindi negli anni ’70 che, con la formulazione del programma Mindfulness Based Stress Reduction – MBSR (Programma per la riduzione dello stress) a opera dello stesso Kabat-Zinn, si assiste alla nascita del primo intervento strutturato, laico, basato sulla mindfulness, presentata alla comunità scientifica come uno strumento di cura efficace per la gestione del dolore (Kabat-Zinn, 1982). La mindfulness consiste, quindi, nell’essere perfettamente consci di sé stessi e di quello che si sta facendo, nell’accettare il momento presente senza valutazioni o giudizi. Secondo la definizione di Jon Kabat-Zinn, “Mindfulness” significa: “porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante”, Jon Kabat-Zinn (1994). Siamo veramente consapevoli quando siamo completamente immersi “nel qui e ora” e quando viviamo l’esperienza accettando tutte le emozioni presenti, la consapevolezza, quindi, implica il completo “possesso” di ogni momento nella nostra realtà, sia essa buona o meno buona.
Il protocollo MBSR consiste in un corso della durata di otto settimane sulla mindfulness e non richiede ai suoi partecipanti alcuna precedente esperienza nel campo della meditazione. E' composto da un insieme di istruzioni volte ad aumentare la felicità e a ridurre i sentimenti di emozioni negative attraverso la meditazione (Kabat-Zinn, 1990). Le procedure di meditazione articolate nel protocollo hanno lo scopo di aiutare l'individuo a diventare più consapevole e ad assumere un atteggiamento ottimista nei confronti della condizione umana e dei tanti fattori di stress della vita (Kabat-Zinn, 2013).
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