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Il presepe, tra spiritualità e tradizione

Un breve viaggio alla riscoperta di un’antica devozione popolare


Rubrica di Antropologia


di Federica Di Mascio



La parola presepe, dal latino praesepe, significa mangiatoia, ed è presente nel Vangelo di Luca in riferimento alla descrizione della nascita di Gesù: “Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo “ ( Lc 2,7 ).


L’origine del presepe, inteso come rappresentazione della Natività, è stata attribuita a San Francesco d’Assisi, che celebrando il Natale a Greccio nel 1223, decise di ricreare l’ambientazione della grotta di Betlemme, probabilmente ispirandosi ad una tradizione più antica che andava a rievocare attraverso veri e propri quadri viventi, scene tratte dai Vangeli. Con il Natale di Greccio, San Francesco riuscì a spiegare attraverso le immagini, quindi in maniera semplice ed immediata, il significato della Natività anche alle classi sociali più umili, ed il presepe da lui creato divenne rapidamente una tradizione diffusissima e destinata ad avere uno straordinario successo anche nei secoli a venire.


Col tempo, le persone in carne ed ossa utilizzate nei presepi, vennero sostituite da statue che raffiguravano i vari personaggi presenti al momento della nascita di Gesù, ed elementi del paesaggio e delle usanze locali presero il posto dell’ambientazione orientaleggiante che aveva caratterizzato la vera Betlemme. Un tipico esempio di questa trasformazione è costituito dal presepe napoletano, famosissimo nel mondo per la sua originalità e per l’accuratezza della realizzazione dei personaggi, molto spesso vere e proprie opere d’arte realizzate da maestri artigiani.


Oltre le origini del presepe, resta di grande interesse il discorso legato alla sua simbologia e al significato nascosto dietro i luoghi e i personaggi che lo caratterizzano.

Nel Vangelo di Luca si parla di mangiatoia, ma non viene mai menzionata alcuna grotta o capanna, che pure sono da sempre un elemento basilare di ogni presepe. Le grotte e le capanne nei miti pre-cristiani erano spesso luoghi di culto e iniziazione, dove molte divinità nascevano o riemergevano alla luce dopo una prova o un rito iniziatico. Ecco allora spiegata la scelta di far nascere Gesù, la luce del mondo, proprio in una grotta, in una fredda notte d’inverno.


Osservando i pastori è possibile notare che tra loro ci sono quelli che dormono, inconsapevoli della nascita di Gesù, e altri che invece assistono a bocca aperta al prodigioso evento, così come tra gli uomini è possibile distinguere tra i dormienti e i risvegliati alla fede e alla spiritualità.


I tre re Magi provengono da luoghi lontani, sono sapienti, in grado di interpretare i segni e ascoltare la voce divina; cercano Gesù e riescono a trovarlo e a portargli dei doni guidati dalla luce di una stella cometa che sta a simboleggiare la fede.

Il bue e l’asinello non sono menzionati nei Vangeli, eppure la tradizione ha dato loro importanza fondamentale perché con il loro respiro hanno riscaldato il corpicino del bambino Gesù andando a rappresentare lo stretto legame di Dio con ogni sua creatura, animali inclusi.


Infine gli angeli, i messaggeri divini, hanno il compito di svegliare i pastori dormienti e di annunciare loro la buona novella; simbolo di amore e protezione, guidano gli uomini verso Dio, proteggendoli lungo il cammino.


Ci sarebbe ancora molto da dire sulla simbologia del presepe, sui personaggi, le ambientazioni, gli oggetti e addirittura i colori utilizzati, ma per il momento mi fermo qui e concludo questo breve articolo con un augurio ed una bellissima citazione di Charles Dickens sul Natale: “Ho sempre pensato al Natale come a un bel momento. Un momento gentile, piacevole e dedicato al perdono. L’unico momento che conosco, nel lungo anno, in cui gli uomini e le donne sembrano aprire liberamente i loro cuori, solitamente chiusi. “


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