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Dèe Maghe Fate

Il Telaio luogo di incontro tra Cielo e Terra


di Linda Donati

Le tre Parche di Bernardo Strozzi


L’attività tessile sin dall’antichità è vissuta in relazione alla vita, alla morte e al cosmo. Le prime civiltà hanno tutte identificato l’origine della tessitura nell’attività degli dèi, che essi stessi inventarono e donarono al popolo degli umani.

Il filo, la trama, l’ordito e il telaio sono protagonisti di narrazioni mitologiche, di varie aree geografiche e storiche, che testimoniano e tramandano la tessitura come luogo di incontro tra terreno e divino, tra cielo e terra, tra vita e morte.


Nell’antichità la vita e le azioni degli uomini erano costantemente accompagnate da un sentimento spirituale, quindi la funzione dei telai fu subito anche sacra e rituale. Nel periodo neolitico venivano custoditi nei santuari come oggetto di venerazione, ed erano usati a scopo oracolare. I ritrovamenti di fusaioli e pesi da telaio hanno evidenziato l’uso di incisioni rituali che possono essere collegate alla divinità arcaica della Donna-Uccello, rappresentata anche su placche di terracotta come civetta con braccia umane che fila la lana. Accanto a questa dèa, di cui si ritroverà traccia anche nei periodi successivi, una delle divinità più antiche e sentite era la dèa Madre, creatrice di ogni cosa. Molte culture hanno questo riferimento anche se non è facilissimo risalire esattamente alle sue origini. Sicuramente l’importanza, il potere e la devozione che ebbe confluì in molte figure mitologiche delle civiltà successive.


Figure creatrici, protettrici e legate alla tessitura sono state molte in diverse civiltà e territori. In Egitto l’antica dèa Neith, il cui nome significa “colei che è”, era la dea della vita, della morte e del parto, in quanto fu la prima a sperimentare questa esperienza delle donne dando alla luce Rha (il dio Sole); era anche dèa della caccia e della guerra, protettrice delle donne e guardiana del matrimonio. Fu considerata creatrice del telaio e ideatrice della tessitura, protettrice di tutti i lavori di tessitura, talvolta veniva raffigurata con una spola di telaio sulla testa che divenne il suo carattere distintivo, riprodotto nel geroglifico del suo nome. Era anche la protettrice dei caduti di guerra perché tramite le bende di lino che avvolgevano il corpo del defunto, la divinità assicurava al trapassato la protezione necessaria per il viaggio nell’oltretomba. Fu madre anche della più famosa dèa Iside. Anche a lei fu attribuita l’invenzione del telaio e il merito di averlo donato agli uomini. Simili a Iside erano Tanit, dèa Fenicia, e Astarte o Ishtar, dèa Mesopotamica, Makos dèa Russa. Tutte presiedono al matrimonio, alla fertilità, alla guerra e lavorano al telaio.


La dèa romana Minerva, che deve il suo nome alla dèa Etrusca Menrva, era figlia di Giove e di Meti. Era considerata dèa vergine della guerra giusta, della saggezza e dell’ingegno delle Arti Utili (architettura, ingegneria, scienza, matematica, geometria, artigianato e tessitura), inventrice del telaio e del carro.


La corrispettiva dèa greca era Atena, guerriera e vergine, una delle più importanti della mitologia greca, figlia prediletta di Zeus, era nata dal suo occhio già adulta e armata per volontà della madre Meti, dèa della prudenza e della saggezza, che venne mangiata da Zeus per paura di una profezia avversa. Come la madre è dèa della saggezza e della guerra non violenta ma di strategia, e venne raffigurata con accanto la civetta (che vede nell’oscurità), reminiscenza forse del culto antico della Donna-Uccello. Difende e consiglia gli eroi, istruisce le donne ingegnose, orienta i giudici dei tribunali, protegge i fanciulli. Tra i vari appellativi che la distinguono vi è quello di Atena Ergane (industriosa) infatti è patrona di artisti e artigiani, ideatrice di strumenti musicali come il flauto e dei lavori femminili quali la filatura e la tessitura. In quanto dèa della tessitura il suo valore era indiscusso e inarrivabile, finché un giorno una ragazza di nome Aracne (il cui nome significa ragno) si vantò di essere una tessitrice migliore di Atena, e la sfidò. Atena realizzò un arazzo che rappresentava gli dèi che puniscono gli uomini nel racconto di Poseidone contro Atene, Aracne ne fece uno in cui derideva Zeus e le sue numerose amanti. Atena quando vide che Aracne, non solo aveva insultato gli dèi, ma soprattutto aveva realizzato un arazzo più bello del suo, si infuriò e ridusse in brandelli l’opera di Aracne colpendola in testa tre volte, Aracne spaventata e umiliata si impiccò ma la dèa la trasformò in ragno, obbligandola a tessere dal suo corpo la tela che, inevitabilmente, era destinata a distruggersi ripetutamente (secondo la versione raccontata nella “Metamorfosi” di Ovidio).


La figura del ragno torna in una leggenda del popolo nativo americano Navajo. Questa racconta che la Donna Ragno svelò i segreti della tessitura ad una ragazza Pueblo, che la insegnò alle donne Navajo presso le quali viveva, e ancora oggi le tessitrici navajo lasciano un piccolo buchino in tutti i lavori in segno di rispetto e gratitudine verso la Donna Ragno.

Molti racconti illustrano la consuetudine nell’antichità di associare il mondo della tessitura agli eventi del cosmo. Spesso il sole era identificato con una divinità femminile come nei Balcani dove Saule, Madre Sole, viveva nel cielo insieme alle sue figlie, le stelle. Il loro compito principale era filare e tessere i raggi del sole, la luce e i colori del cielo.


In Giappone una delle dèe più antiche e molto venerate era Amaterasu, dèa del Sole della religione scintoista. Era la divinità da cui scendevano tutte le cose, a lei è stata attribuita la nascita dell’uso del baco da seta e della tessitura a telaio, ed anche della coltivazione del riso e del frumento. Una leggenda racconta che Amaterasu indignata dal comportamento del fratello Susanoo, dio della Tempesta, si ritirò in una caverna facendo precipitare il mondo nell’oscurità (con chiaro riferimento all’eclissi solare). La dèa Ama-no-Uzume con uno stratagemma riuscì a convincerla ad uscire dalla grotta e a tornare nel cielo.


Un’altra leggenda giapponese, forse importata dalla Cina, racconta di una fanciulla di nome Orihime (la stella Vega) che viveva sulle sponde del fiume celeste (la Via Lattea), aveva il compito di tessere gli abiti per tutti gli dèi, ma era triste perché non aveva l’amore. Allora il dio Tentei, suo padre, decise di darle un marito, Hikoboshi, il mandriano (la stella Altair). I due si amavano tantissimo ma trascurarono completamente i loro compiti, così Tentei decise di punire gli sposi allontanandoli per sempre, incatenandoli ai lati opposti della Via Lattea. Ma vista la loro disperazione gli concesse di vedersi una volta l’anno, il settimo giorno del settimo mese, a patto che si fossero impegnati nuovamente nei loro compiti. Così ancora oggi in Giappone il 7 luglio si festeggiano i Tanabata Matsuri “la festa delle Stelle Innamorate”. Giorno in cui dalla Terra le due stelle sembrano vicine nella formazione del triangolo estivo Vega Altair e Deneb.


Spostandoci in territorio norreno, molto venerata era la dèa Frigg moglie di Odino e figlia della Terra. Protettrice dei matrimoni e della maternità e delle partorienti; era aiutata da tre ancelle Fulla Gnà e Hlin, aveva il dono della chiaroveggenza ma non rivelava mai le cose viste, possedeva un mantello tessuto di piume di falco capace di far volare chiunque lo indossasse, e che lei usava per combattere accanto a Odino con le sembianze di un falco (altro elemento riferibile alla Donna-Uccello). La costellazione della Cintura di Orione era chiamata il Filatoio di Frigg e si pensava fosse lei a far girare le stelle grazie alla spoletta del suo telaio. Suoi simboli erano la conocchia e il fuso ed anche un mazzo di chiavi di cui si è persa la tradizione. Una curiosità: sembra che dal suo nome sia derivato il verbo “frignare” in quanto la dea veniva spesso descritta in lacrime per le assenze del suo sposo.


Come abbiamo visto, tante erano le grandi dèe legate alla vita degli uomini e al mondo che li circondava, ma il potere assoluto e indiscutibile sulla vita e sulla morte, addirittura sopra il volere degli dèi, era prerogativa delle Moire greche, le Parche per i romani. Figlie di Zeus e Temi (la Giustizia), stabilivano il destino degli uomini, Clòto filava lo stame della vita, Làchesi lo svolgeva sul fuso determinando destino e lunghezza della vita e Atropo con lucide cesoie lo recideva al momento stabilito della morte. Venivano chiamate anche Fatae, ovvero coloro che presiedono al Fato (dal latino fatum che significa destino). In ambito norreno figure analoghe erano le Norne, Urðr, Verðandi e Skuld, dimoravano presso il Pozzo di Urd dove attingevano acqua per irrorare ogni giorno Yggdrasil, l’Albero della Vita, ai piedi del quale tessevano l’arazzo del destino. La vita di ogni persona era un filo nel loro telaio e la lunghezza corrisponde alla lunghezza della vita di ogni individuo.

Il dono di questa arte passa all’umanità carico di potere, di magia e di caratteri quali saggezza perseveranza, precisione, dedizione, intelligenza e ingegno.

Due donne che si distinguono nell’antichità per le doti di astuzia e ingegno sono Arianna e Penelope. Il Mito di Arianna, la figlia di Minosse re di Creta, narra che l’eroe Teseo per salvarsi deve affrontare il labirinto protetto dal Minotauro, da cui nessuno era mai uscito vivo; Arianna innamorata di Teseo lo salvò con uno stratagemma: gli fece legare un filo all’ingresso del labirinto con un gomitolo che l’eroe svolse durante la perlustrazione, ucciso il Minotauro seguì il filo fino all’uscita e alla salvezza. Penelope nei racconti di Omero è la moglie devota di Ulisse, che assediata dai proci difese e protesse se stessa e la sua casa, aspettando per anni il ritorno del suo sposo. Esperta tessitrice (la stessa Atena fu sua maestra) utilizzò uno stratagemma: disse che prima di qualsiasi scelta avrebbe dovuto terminare il lenzuolo funebre del suocero Laerte, lavoro dovuto ad un eroe quale esso era, ma tessendo di giorno e disfacendo di notte temporeggiò fino al ritorno di Ulisse. Omero parla anche di altre figure femminili dedite alla tessitura tra cui Calipso e la Maga Circe, semi divinità con molti poteri magici, ed il loro essere tessitrici appare come un carattere distintivo, quasi un rango di prestigio.


Questi miti sono complessi ed hanno ognuno più versioni, ma rappresentano il sentire universale di questa affinità tra attività tessile terrena umana e attività tessile divina del cielo, e di questo incontro continuo e fruttuoso. Sono sentiti così fortemente veri, che alcuni permangono nella memoria culturale di molti paesi e assumono nuovi aspetti, meno religiosi forse, ma vicini alle tradizioni popolari. Alcune dèe confluiscono in figure fantastiche in racconti di fate e maghe e personaggi come le Janas della Sardegna che si riconnettono alla dèa Madre e alle Parche. Sono tre fate, legate al fato-destino degli uomini, alla vita e alla morte. Sono esseri buoni ma se viene fatto loro un torto divengono entità vendicative. Molti racconti mitologici divengono fiabe, dove i veri protagonisti di eventi dai risvolti magici sono l’abilità e gli strumenti tessili, come in “Fraou Holle”, “Vassillissa la bella”, “I sei cigni”, “la Bella addormentata nel bosco”, solo per citarne alcune.


Fate, maghe e streghe esercitano i loro poteri tramite la bacchetta magica, e chissà se questa deriva dal ricordo, e dal potere riconosciuto nell’immaginario collettivo popolare, del bastoncino appuntito del fuso? Quanti di noi vorrebbero averla a disposizione oggi, per dipanare i grovigli delle nostre vite? Forse queste storie vogliono e possono insegnarci che la magia è nelle nostre “mani operose” e che il telaio oggi sia lo strumento che ci riconnetterà al filo originario che dal cosmo si è dipanato fino a noi, carico di misteri domande e risposte.


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