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La diplomazia nell'età di Lorenzo Il Magnifico - I Parte

Il Quadro politico italiano del 1400


Rubrica di Storia e Antiche Civiltà


di Federica Montesion


Nell’Italia quattrocentesca, tra cambiamenti rapidi e accadimenti confusi, si consolidarono alcuni grandi stati territoriali e fu semplificata la carta politica della penisola.

La politica espansiva scelta da alcune tra le maggiori potenze territoriali, come lo stato visconteo di Milano, obbligò i concorrenti a intraprendere a loro volta la strada della conquista, preludio dell’assetto sancito dalla pace di Lodi.


Nel nuovo sistema politico interstatale ebbero un posto importante, accanto ai grandi stati regionali, le dominazioni dei principi condottieri. Per i Gonzaga, gli Este, i Malatesta, i Montefeltro, o per dinastie baronali come gli Orsini o i Colonna, la condotta militare assicurava considerevoli entrate in denaro e serviva a stabilire un raccordo con le grandi città e i nuovi stati regionali. Grazie alle relazioni diplomatiche e alle condotte, i piccoli stati dei principi condottieri conquistavano autonomia sul piano finanziario e politico e si assicuravano la possibilità di giocare un ruolo attivo nel sistema interstatale.


Tra le maggiori formazioni regionali e le dominazioni di scala più piccola dei principi condottieri si stabilì un rapporto di «simbiosi polivalente», ossia di interazione e di scambio tra domanda militare e protezione politica. Oltre agli stati dotati di una sovranità già ben costruita, sono da considerare altri soggetti, spesso dotati di un proprio potenziale militare come ad esempio i condottieri, che sovente aspiravano a conquistare uno stato proprio e ad assurgere alla dimensione di potenza territoriale.


Tra la fine del Trecento e nei primi decenni del Quattrocento alcuni capitani riuscirono ad accumulare forti basi di potere militare, si arricchirono con le condotte e organizzarono imprese miranti a conquistare città e signorie territoriali.

L’ambiente più propizio per le ambizioni dei capitani fu l’Italia centrale, regione debolmente assestata dove trovarono spazio d’azione molti signori dotati di un considerevole potenziale militare, che agivano sia come imprenditori della guerra sia come soggetti politici autonomi, imponendo il loro volere, e talvolta i loro ricatti, alle potenze ufficiali. Braccio da Montone, uno dei più famosi, fu tenuto in grande considerazione da città e signori che non mancarono di assecondare i suoi disegni. Se avesse smesso di ingrandirsi a spese di altre potenze, sarebbe diventato una minaccia per i Fiorentini; ma quando le sue imprese si fecero più ambiziose, una coalizione di forze lo aggredì e lo sconfisse nella famosa battaglia dell’Aquila del 1424.


Fu invece coronata da clamorosi successi la pratica «diplomatica» messa in atto da Francesco Sforza in quegli stessi decenni. Già nel 1434 lo Sforza stipulò con gli inviati del papa un trattato e nel 1439 si mise al servizio di Firenze e Venezia in cambio della promessa di avere confermati i domini nella Marca e assicurati i nuovi acquisti fatti in Lombardia. L’episodio che maggiormente dà la misura di quanto fosse capace di agire come mediatore e leader politico sono, nel 1441, i negoziati per la pace di Cavriana, intrapresi tra il condottiero e gli inviati del duca di Milano. Sapendo che il duca aveva bisogno di far pace con Venezia poiché era allo stremo delle forze, il capitano romagnolo ne approfittò per ottenere ingenti vantaggi personali: tra cui il matrimonio con Bianca Maria Visconti che poneva un’ipoteca sulla successione nel ducato milanese.


Le possibilità di riuscita dei progetti più ambiziosi dei maggiori condottieri italiani furono limitate dall’assetto politico instaurato dalla pace di Lodi e dai legami interstatali fissati dalla Lega italica: un assetto complessivamente statico, mirante a tenere fuori gli oltramontani dall’Italia, che stabilizzò per alcuni decenni le relazioni tra le potenze italiane e semplificò la carta politica a danno delle entità politiche minori.




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